Romanzo: “L’amore che rimane”

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E’ appena uscito il romanzo d’esordio “L’amore che rimane” della giovane scrittrice emergente Stancampiano Maria Rosa. Nata e cresciuta in Sicilia. Ventinovenne. Amante della lettura e della scrittura. Il suo primo romanzo è stato pubblicato da Aletheia Editore. Questa ultima è una casa editrice recente e no profit, fondata a Verona da Federico Faccioli, poeta e skater.

Il libro vede come protagonisti due giovani ragazzi e si rivolge a tutti. Ma parlando di ragazzi, viene molto apprezzato dalla fascia di età che va dai 15 ai 40 anni.

Ecco la trama: Due amici, cresciuti nello stesso quartiere per diverso tempo, si rincontrano dopo più di quindici anni e iniziano a parlare tra loro, come fosse la prima volta. E per uno strano scherzo del destino, quei due bambini che adesso si ritrovano quasi adulti, dal tanto parlare e scherzare, si ritrovano invaghiti l’uno dell’altra. Quando però succede che si innamorano, non sono pronti per vivere i loro sentimenti. L’amore sembra essere qualcosa di semplice, ma loro complicano tutto con i loro rispettivi caratteri. Una storia nata e cresciuta tramite messaggi sul cellulare; quello che prima è un dialogo tra i due protagonisti, diventa poi un monologo. Quanto tempo passerà prima di diventare concreta, reale? Il destino sembra essere contro questo amore: succede sempre qualcosa che non li farà mai incontrare di persona. L’imbarazzo di fare i conti con la propria coscienza e la paura di credere alla loro storia offusca tutto, rendendo il solito lieto fine non tanto poi così scontato.

Potrete vedere la pagina su facebook L’amore che rimane, che prende il nome dal titolo del libro, dove potrete leggere le frasi più belle della storia e conoscere tutti gli aggiornamenti https://www.facebook.com/mariarosatroina2/?ref=page_internal

TITOLO: L’amore che rimane

AUTORE: Stancampiano Maria Rosa

CASA EDITRICE: Aletheia Editore

PREZZO: 12 euro

GENERE: Romanzo

PUBBLICAZIONE: Dicembre 2016

NUOVI POVERI? PRESENTI I GIOVANI

Non lo avremmo mai detto ma è successo anche questo nel nostro bel paese. L’Italia, che è sempre stata un punto di riferimento per tante cose, deve ammettere che ha superato tutte le aspettative negative sul lavoro e i giovani. Se fino ad ora c’erano solo gli anziani nella fascia di povertà italiana, adesso invece sono i giovani a prenderne il posto. La Caritas vede un’Italia sempre più povera: infatti si è passati da 1,8 milioni di persone indigenti nel 2007 a 4,6 milioni del 2015 e, ahimè, i dati sono in continuo aumento. Il tragico identikit dell’italiano povero che si rivolge ai Centri di aiuto ha in media 44 anni, coniugato o single, in possesso della licenza media inferiore o superiore e la cosa accertata è che è disoccupato. Un tempo erano solo gli anziani a fare parte di questo podio, accompagnato negli ultimi anni dagli stranieri e migranti. Ma la notizia grave è che la crisi profonda che si percepisce da anni nel territorio italiano ha portato a un crollo dell’età media delle persone che si rivolgono alla Caritas. Nel 2015 al Sud la percentuale degli italiani poveri (66,6%) ha superato di gran lunga quella degli immigrati che hanno beneficiato dell’ascolto e dell’accompagnamento nei 1.649 centri Caritas, dislocati su 173 diocesi. I giovani poveri è un problema che non ci saremmo mai aspettati di vedere nel Paese delle meraviglie. La gravità della situazione è che i politici che si sono presi la briga di guidare il Paese, non solo non capiscono la fastidiosa realtà in cui viviamo, ma non fanno un bel nulla per cercare di migliorare la vita di nessuno di noi, giovani compresi. Dobbiamo ammettere che il Bel Paese di una volta non c’è più e tutti hanno fallito nel loro ruolo. Evidentemente quest’Italia non fa più per noi… La sola speranza che  accomuna tutti i giovani italiani è che cercheremo in altre nazioni quello che non avremo mai la fortuna di trovare qua: un lavoro ed un futuro.

M. R.

CARO AMICO TI SCRIVO… SU WHAT’S APP

CARO AMICO TI SCRIVO… SU WHAT’S APP!

<< Caro amico ti scrivo, così mi distraggo un po’>> Iniziava così una stupenda canzone del grande Lucio Dalla. Una lettera a un amico, magari su un foglio di quaderno stracciato e la vecchia bic, che fra un po’ sparirà dal commercio. Sembrano ormai passati secoli dai tempi in cui le giovani innamorate aspettavano con ansia una lettera dal fidanzato militare oltreconfine, magari con foto in bianco e nero allegata. Mamme ansiose di sapere se il figlio stava bene, se aveva bisogno di soldi, se aveva mangiato e soprattutto quando tornava. E spesso non arrivava nessuna lettera per anni e anni. Superati i vecchi tempi della scuola in cui ci si scambiava biglietti sottobanco, a volte seri, a volte scherzosi a volte minacciosi. C’era anche il tempo dei diari, c’è chi come Anna Frank ha raccontato nel suo diario una pagina di storia, di sofferenze, di sentimenti. Già, i sentimenti, ora sostituiti dalla emotion, una faccina già bella e disegnata per comunicare al mondo che oggi sei giù. E che dire dei ricordi che è più importante condividerli che viverli, perché è inutile negarlo quando veniamo bene nelle foto, nel nostro incoscio scatta un meccanismo che involontariamente le associa ai social. E pensare che l’inventore di Facebook l’aveva progettato per ritrovare vecchi amici o amici lontani. Di certo non poteva immaginare che nel letto matrimoniale su due pc marito e moglie a distanza di 20 cm uno dall’altro si scambiano commenti nei rispettivi profili. E poi in rete siamo tutti social, commentiamo, polemizziamo, alziamo il tono dei caratteri, abbiamo 10 mila contatti con Facebook e rischiamo di perdere i contatti con il mondo. Stop anche all’era delle vicine pettegole le cui news rintronavano da balcone a balcone, anche lo sono social, oggi le cronache rosa rimbalzano da un contatto all’altro. Così come What’app, strumento utile per avvisare tutti in tempo reale ma con troppi eccessi. Pensare che  le maestre una volta sgridavano i bambini se portavano a scuola il telefonino e ora mandano comunicazioni ai genitori solo su what’app obbligandoli a comprare un telefono adeguato…non vi pare che stiamo un pochino esagerando! Troppi compiti, troppi libri? No problem, portatevi il tablet e vi ci carichiamo su le lezioni! Poi però ci si lamenta perché il bambino usa il tablet per giocarci e già 6 anni sa collegarsi a internet, ha un profilo facebook e ovviamente what’app. Niente di sbagliato, per carità, siamo moderni, e se da un lato è giusto adeguarsi al tempo in cui viviamo, dall’altro dovremmo vedere quanto ci costa. Perchè purtruppo per i sentimenti, le vere amicizie, le relazioni autentiche non ci sono giga in offerta! Non si vedono più bambini giocare per strada, giocare in gruppo, praticare sport. Non si vedono più foto cartacee, ormai ogni ricordo è digitale e fuori dallo schermo al plasma o dal vetro dell’i-phon perde valore. E siamo pure intolleranti …ammettiamolo. Critichiamo chi fuma, chi beve , chi si droga ma stare un giorno senza connessione e starci male non è forse una dipendenza? La migliore soluzione? Guardare il mondo virtuale con distacco e quello reale con gli occhi di un bambino che vede il mondo per la prima volta, perchè davvero l’essenziale sia invisibile agli occhi!

 

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NEMMENO I MORTI POSSONO RIPOSARE PIU’ IN PACE

Immagine   In un paesino come il nostro succede anche questo. A Troina, certi vandali hanno cercato di scassare, con un utensile stile piede di porco, una cappella al cimitero. E non riuscendovi al primo colpo, gli scassinatori hanno fatto leva una seconda volta, non riuscendo però nell’impresa di aprire la porta che giustamente è stata rovinata dalle loro mani.

Tempo fa, lo stesso cimitero era stato oggetto di discussione perché qualcuno vi aveva rubato tutti i fili di rame disponibili nell’area. Questa volta invece volevano provare ad entrare direttamente nella cappella. Per portarsi via un crocefisso o dei candelabri? E’ una cosa vergognosa veramente…

Se volevano fare uno scherzo alla famiglia della compianta, è stato veramente di pessimo gusto. E mi auguro che presto venga identificato il colpevole e magari fargli scontare qualche anno in gattabuia, facendo in modo che certe cose non debbano più ripetersi.

Se fino ad ora la dignità e il rispetto per le persone veniva sempre meno, adesso è veramente sparito del tutto, anche per i morti che vedendo questi atti vandalici, a quest’ora si rivoltano nella tomba.

Una cosa è sicura… Certe persone la civiltà, il rispetto e l’educazione non sanno nemmeno cosa sia. Ma di certo non possono e non devono essere i morti a pagare le conseguenze delle loro menti malate.

Firmato: Un’indignata

GIOCARE CON IL LAVORO

 

E’ da un pò che non scrivo più su questo blog, ma oggi è arrivata l’ora di ricominciare. Sono davvero indignata delle cose che vado sentendo. E ancora una volta si parla di servizi pubblici.

E’ la prima volta che sento dire che il servizio di ambulanza del paese, adesso si è trasformato in un carroattrezzi e da mezzo di trasporto malati adesso invece si trasporta su il proprio motorino.

A parte il gesto fuori del normale di chi ha fatto ciò, la cosa grave è che nel frattempo si è dimenticato che c’è una questione igienico sanitaria che va rispettata sempre e comunque in un mezzo comune quale l’ambulanza. E che, ahimè, è stata dimenticata del tutto.

Ma questo personaggio non è la prima volta che si comporta male con il mezzo sopra citato. Spesso è capitato che ha acceso la sirena d’emergenza al semaforo rosso per andare a prendersi urgentemente il caffè al bar e parecchie altre volte ha bevuto pure delle birre mentre era in servizio.

Io mi chiedo una cosa… ma se arriva una telefonata d’urgenza e lui deve guidare l’ambulanza con delle birre nel corpo…come si fa? Io non affiderei mai un ruolo di questa importanza ad uno che non rispetta mai le regole del suo lavoro. E la cosa altrettanto grave è che molti non ce la fanno più ad arrivare alla fine del mese con il sudore del proprio lavoro, e invece chi un lavoro ce l’ha con tutte le carte in regola e con tanto di stipendio, fa lo spavaldo e scherza con un lavoro che ha davvero delle enormi responsabilità.

E allora denunciamo questi atti se li vediamo e mandiamo a casa questi personaggi, e facciamo lavorare chi ha davvero la voglia di lavorare e il rispetto per esso.

SE BEVI NON GUIDARE

Oltre al cellulare, la sigaretta, i piercing in ogni parte del corpo, i nostri ragazzi hanno lanciato una nuova moda che adesso è diventata un vero status symbol: ubriacarsi, sballarsi nei bicchieri di birra, vino, superalcolici, aperitivi e drink a seconda del proprio gruppo giovanile di appartenenza. Pensate che i giovani italiani (15- 24 anni) che consumano abitualmente superalcolici sono aumentati di ben 16 volte! Numeri che mettono paura ai genitori che vedono passare ai loro figli l’età dell’adolescenza. A me personalmente capita spesso di vedere gente abusare con l’alcool, soprattutto mi fa tristezza vedere che la maggior parte di coloro che bevono sono proprio i giovanissimi. Sembrano ancora poco più di bambini, tutti con le sigarette accese, in piena notte e vederli tutti con in mano drink alcolici fa davvero effetto.

Ma perché bevono? Indubbiamente per sentirsi sicuri tra gli amici, per iniziare una serata che finirà con l’ecstasy, per avere il coraggio di correre con l’auto, per provare nuove sensazioni o semplicemente per farsi sentire accettati dagli altri. Purtroppo però droghe ed alcool modificano l’aspetto conoscitivo delle emozioni. Gli adolescenti che diventano dipendenti non sono più in grado di codificare ed interpretare la propria emotività. Non distinguono più tra la rabbia ed il dolore e vanno in crisi se si altera minimamente il loro stato di quiete. 

Ormai tutti cercano la felicità e, siccome non sono mai soddisfatti di nulla, iniziano ad intraprendere questa strada, credendo forse che ci si diverte di più perdendo completamente il controllo del corpo, e invece non è così. Mettendomi nei loro panni credo invece che tutto possono fare, ma far credere di divertirsi così non è una scusa plausibile.

Questa società di oggi impone di essere uguali agli altri della comitiva, e la cosa ripugnante è che tutti seguono il gregge, rischiando così di farsi davvero male solo per seguire la massa. Ho visto parecchie persone mettersi alla guida di auto dopo essersi ubriacati per bene, ed entrando nella loro logica, vedono quattro strade anzicchè una soltanto. E se dopo aver fatto la strada a zig zag per tutto il tempo, arrivano a casa sani e salvi e senza danneggiare gli altri è già un miracolo, visto che l’alcol nel sangue superiore al limite consentito dalla legge produce dei riflessi meno pronti.

Il messaggio che voglio mandare a questa generazione di ragazzi “disturbati” è quello di non guidare se proprio dovete bere. E se non lo volete fare per voi stessi, fatelo almeno per le persone che vi vogliono bene. E per ultimo vi dico: “Noi non vogliamo morire perchè voi avete bevuto. Pensateci prima che sia troppo tardi!”

M.R.

UNA BOCCATA D’AMIANTO

Continuano le ricerche e in molti paesi dell’ennese si è scoperto esserci tanto di quell’amianto, vecchio da oltre 30 anni, tutto rovinato, rotto e buttato per terra o esposto ancora sui molti tetti delle abitazioni. Proprio perchè sfibrato, l’amianto diventa pericolosissimo per la salute, anche se ancora c’è qualcuno che non sa quanto sia dannoso quest’elemento, ormai da anni fuori legge, meglio conosciuto come eternit dal nome della fabbrica che lo produceva. Le conseguenze sulla salute sono:                                                                                            

    • l’esposizione a fibre di amianto può essere associata a malattie dell’apparato respiratorio;
    • le fibre di amianto, una volta inalate, si inseriscono negli alveoli polmonari, nei bronchi e nei bronchioli creando, al loro interno, un intreccio che non è possibile eliminare mediante la normale respirazione;
    • da quando si respirano le polveri di quest’elemento a quando insorge la malattia, possono passare anche 50 anni;
    • le malattie più diffuse, derivanti dall’esposizione all’amianto, tra i lavoratori e la popolazione sono: l’asbestosi, il cancro ai polmoni ed il mesotelioma pleurico.                                                                                                                            

    Quello che lascia sconcertati è che nessuno si rende conto che ci sono molte persone che lavorano a soli pochi metri dall’amianto in disuso; che a poche decine di metri vi sono tantissime abitazioni, animali e terreni che risulteranno sicuramente già contaminati. Una cosa è certa, fino a quando non si sapeva nulla si viveva nella tranquillità più assoluta, ma oggi non è più così. Tutti sanno e nessuno può permettersi di giocare con la salute e con la vita. Occorre quindi un’immediata ed urgente bonifica di questi siti.
      Il nostro grido è questo: Non vogliamo ammalarci per colpa di qualche cialtrone che non fa il suo dovere. Proprio non vogliamo. Le polveri di amianto sono come un killer silenzioso e nascosto, non hanno odore, nè colore, non si percepiscono, ma il danno è letale. Purtroppo l’aria fresca che respiriamo è una boccata d’amianto!

 

M.R.

FESTA DELLA DONNA O ALTRO?

Oggi, 8 Marzo, si festeggia la Giornata Internazionale della Donna, una data molto importante per tutto il mondo.  Peccato soltanto che tutti festeggiano questo giorno in un modo poco decoroso, facendo sì che questa festa si ricordi soltanto per il consumismo che ne viene fuori da questa giornata particolare.

Questa data va ricordata non per farsi regalare mazzi enormi di mimose e fiori, non per uscire e divertirsi con le amiche, andandosi a vedere magari gli spogliarellisti che si esibiscono in quasi tutti i locali, ma si deve ricordare soltanto per le donne che, con molti sacrifici, hanno lottato per i nostri diritti, per quelle donne che si sono fatte uccidere per le loro idee, e per tutte quelle che ogni giorno si alzano e continuano a lottare per i propri ideali e per eliminare definitivamente tutte le discriminazioni che la donna comune deve affrontare di questi tempi.

La giornata dell’8 marzo fu istituita nel 1977 su decisione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite per riconoscere “gli sforzi della donna in favore della pace e la necessità della loro piena e paritaria partecipazione alla vita civile e sociale”. Nel secolo scorso le donne avevano scelto l’8 marzo per celebrare le proprie conquiste e per rendersi protagoniste di grandi azioni. Come, ad esempio, la grande marcia che nel 1908 decine di migliaia di operaie organizzarono a New York per ottenere lavoro e paga più dignitosi, per il diritto di voto e l’abolizione del lavoro minorile. Al grido di: “Bread and Roses” le donne americane chiedevano una vita migliore e una maggiore considerazione da parte del mondo. Al posto delle rose, noi oggi usiamo le mimose e, oltre al pane, chiediamo anche la dignità di poterlo guadagnare in maniera lecita e onorevole.

Da tempo, però, si è diffusa l’errata credenza che l’8 marzo si celebri per ricordare i 146 operai – di cui 129 donne – morti nell’incendio del 1911 alla camiceria Triangle Shirtwaist Company di New York: in realtà, l’incendio avvenne il 25 marzo ma dopo quella tragedia si ottennero enormi migliorie nel campo dei diritti dei lavoratori. Successivamente, con il diffondersi e il moltiplicarsi delle iniziative, che vedevano come protagoniste le rivendicazioni femminili in merito al lavoro e alla condizione sociale, la data dell’8 marzo assunse un’importanza mondiale, diventando, grazie alle associazioni femministe, il simbolo delle vessazioni che la donna ha dovuto subire nel corso dei secoli, ma anche il punto di partenza per il proprio riscatto.

In un’epoca in cui ancora dobbiamo scendere in piazza per difendere i nostri diritti, questa festa deve essere considerata un momento per fermarci a riflettere sulla nostra condizione moderna. Lottiamo sempre per far capire a tutti che la donna non è solo un mezzo per cui raggiungere i propri desideri, ma è soprattutto una persona dotata di sentimenti, di emozioni, di capacità intellettive e lavorative, ma soprattutto è dotata di dignità.

Dietro questa giornata vi è un sostrato di dolore, sofferenza, lotta di tante donne che si sono battute per un mondo più equo: è grazie a loro che le donne occidentali hanno potuto affermare con forza i propri diritti e hanno potuto vedere riconosciuta la parità con l’uomo. L’8 marzo rivolgiamo dunque un pensiero a coloro che hanno permesso l’emancipazione femminile e pensiamo anche alle tante donne che ancora oggi devono subire condizioni di subalternità sociale.

M.R.

IL TRISTE RICORDO DELLA SHOAH

Il 27 Gennaio ricorre la Giornata Della Memoria, in ricordo delle vittime della Shoah, di quell’Olocausto avvenuto nel lontano 1945.  Un appuntamento annuale molto sentito, in qui si riportano alla memoria molte stragi naziste e la deportazione e lo sterminio avvenuti nei molti campi di concentramento da parte dei nazisti tedeschi ai danni degli ebrei. Il termine “shoah” deriva dall’ebraico e significa “catastrofe”. La shoah non è altro che il racconto e la testimonianza di quello che successe all’interno di quei campi di concentramento, ma non solo ai danni degli Ebrei, ma oltre a loro, (oltre 6 milioni), furono sterminati quasi 10 milioni di persone tra zingari, testimoni di Geova, oppositori della dittatura nazista, rom e omosessuali insomma chiunque veniva considerato un diverso o chi non era in linea con gli ideali nazisti. Ricordiamo che queste uccisioni non avvenivano come all’inizio tramite fucilazione, ma bensì le uccisioni avvenivano in massa all’interno di grandi stanze, dove veniva introdotto monossido di carbonio eliminando così ogni forma di vita all’interno della stanza. Sono stati eseguiti anche molti esperimenti medici su bambini vivi, esperimenti che spesso risultavano fatali. Tutto questo quindi è quando si parla della “Shoah”, ma anche quando si parla di tristezza e di vergogna si parla di questo assurdo olocausto.

Magari a molti non interessa sapere quello che è successo più di sessant’anni fa, ma ricordare la memoria di quelle persone è il minimo, al giorno d’oggi, che si possa fare. E bisogna anche trasmettere ai nostri figli e nipoti la storia di queste persone, spogliate non solo dai vestiti, ma soprattutto dalla dignità di uomini, uccisi solo perchè diversi dal protocollo nazista. 

Ho messo su questo blog un video e una poesia riguardante questo vergognoso sterminio di esseri umani e le frasi di persone che hanno vissuto quest’orrore, tra cui Marc Bloch che dice “COLUI CHE IGNORA IL SUO PASSATO, E’ CONDANNATO A RIVIVERLO” e Primo Levi che ricorda “SE COMPRENDERE E’ IMPOSSIBILE, CONOSCERE E’ NECESSARIO”.

Se questo è un uomo

Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un si o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.

Primo Levi

M.R.

TROINA- TROPPI MORTI PER TUMORE

Troina, paese dell’entroterra siciliano, poco più di 9.000 abitanti, poco smog e niente industrie eppure in crescente aumento il tasso di mortalità a causa di tumore. Nonostante la ricerca scientifica e la tecnologia medica abbiano fatto passi notevolmente significativi, nel campo della diagnostica, il numero di morti cresce di anno in anno. Tra le cause principali, resta ancora sottovalutata quella dell’impatto ambientale e della presenza di amianto e altre sostanze tossiche spesso usate come materiale edile. Ricordiamo che molti depositi dell’acqua..soprattutto nel centro storico sono in eternit e spesso anzicchè essere posti sopra i tetti sono ben custoditi all’interno, magari nel garage o in un ripostiglio. Per non parlare di grondaie, comignoli e ciminiere. Da accertare poi anche la presenza di sostanze nocive nel sottosuolo. Persino il soffitto di un famoso ex cinema, nel quartiere Borgo, fino a qualche anno fa era interamente rivestito di amianto e lasciato nel totale abbandono. E i dati parlano chiaro, nella provincia di Enna , Troina risulta il comune con un elevato tasso di mortalità a causa di tumori. Da una statistica condotta dall’Ausl 4 di Enna , prendendo in esame l’arco di tempo tra il 1991 e il 2006, emerge che nel corso degli ultimi anni, in particolare nel 2004, Troina ha raggiunto il picco. E non servono le statistiche per comprendere la gravità del problema, i dati piu’ certi ce li forniscono i nostri ricordi, basta infatti fare mente locale e ricordare con dolore le persone a noi care, molto giovani, scomparse prematuramente a causa di un tumore. Intanto ci si interroga e ci si chiede se attualmente si sta investendo abbastanza sulla prevenzione e la ricerca. Di sicuro la ricerca scientifica ha fatto passi da gigante mettendo a punto strumenti che consentono diagnosi esatte e tempestive ma è necessario e urgente eliminare le cause dei tumori. Non meno importante la prevenzione, a partire dall’educazione alimentare e una maggiore sensibilizzazione ai danni provocati da fumo e abuso di alcool. Bisogna poi ridurre le cause ambientali, controllare severamente che gli edifici non vengano costruiti con amianto, punire chi viene sorpreso a gettare pezzi di amianto tra i rifiuti o in prossimità di terreni o falde acquifere. Infatti, è molto diffusa tra i cittadini , l’abitudine a ristrutturare le case antiche e disfarsi di vasche, depositi, tubi, grondaie in amianto , depositandoli come se niente fosse su un terreno abbandonato. Lanciamo un appello alle istituzioni affinche’ periodicamente sondino i terreni, conducano accurate inchieste sull’uso improprio di materiali pericolosi e verifichino la presenza di ripetitori troppo vicini al centro abitato. Un accorato appello proviene poi dai medici che incoraggiano a prendere confidenza con gli screening, strumenti efficaci per diagnosticare in tempo tumori all’utero, alla mammella, al colon e alla prostata. Il primo passo per sconfiggere l’aumento dei tumori è diffondere la cultura della prevenzione, soprattutto tra i giovani, magari sfatando certi luoghi comuni o rompendo alcuni tabù. Il problema riguarda anche molte donne, soprattutto quelle trai 20 e i 40 anni. Non è molto diffusa, infatti, l’abitudine a richiedere una visita ginecologica per un controllo di routine, di solito vi si ricorre solo in caso di gravidanza. Un esame del sangue periodico e altri esami più approfonditi a volte possono salvare in tempo una vita umana. Resta comunque il dubbio che la causa di queste mortalità sia di origine ambientale o da ricercare in alcuni alimenti tutto tranne che biologici.

Silvana

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